E’ la fine della chemioterapia.Scienziati italiani dell’istituto di Candiolo (TO) hanno scoperto il PLX472O,farmaco che attacca SOLO le cellule tumorali e non quelle sane come di solito fa la chemio,atta a colpire tutte le cellule dell’organismo senza fare una distinzione tra cellule malate e sane.
La ricerca sul cancro non si ferma mai. L’ultima scoperta è tutta made in Italy. Un
team di scienziati italiani dell’Istituto di Candiolo, in provincia di
Torino, ha scoperto un nuovo farmaco, il PLX472O, che potrebbe
rivoluzionare le cure utilizzate contro il tumore. Coordinati
da Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare, e
Federico Bussolino, Direttore Scientifico della Fondazione Piemontese
per la Ricerca sul Cancro, gli scienziati hanno sperimentato un
farmaco in grado di attaccare direttamente le sole cellule tumorali, e
di frenare la riproduzione di altre cellule malate. Una vera e propria innovazione nella cura del cancro, visto che attualmente i metodi chemioterapici utilizzati colpiscono tutte le cellule dell’organismo, anche sane, non solo quelle tumorali.
In particolare, lo studio pubblicato su Proceedings of National Academy (Pnas), e portato
avanti dai ricercatori italiani, ha analizzato la mutazione di un gene,
chiamato BRAF, responsabile della proliferazione incontrollata di
alcuni tipi di cancro, esaminando inoltre i risultati di un farmaco il
PLX472O, il cui uso è autorizzato negli Stati Uniti, ma non ancora in
Europa. Il farmaco avrebbe la straordinaria capacità di colpire
direttamente le sole cellule tumorali ed evitarne il riformarsi. Le
sperimentazioni finora effettuate per la cura del melanoma hanno dato
risultati soddisfacenti e la terapia a bersaglio molecolare, in futuro,
potrebbe diventare la strada da percorrere nella lotta contro il cancro.
«Si è accertato – spiegano Alberto Bardelli e Federico Bussolino – che
il Plx472O non solo agisce sulla cellula tumorale bloccandone la
crescita, ma ha anche un effetto inatteso sul sistema vascolare del
tumore. Questo eccezionale farmaco – continuano i ricercatori – migliora
la perfusione ematica del tumore e l’ossigenazione con due conseguenze:
facilitare l’arrivo di altri farmaci al tumore, consentendo di ridurre
le dosi di chemioterapici utilizzati nel trattamento, e migliorare
l’ossigenazione del tessuto riducendo l’ipossia, appunto la mancanza di
ossigeno, solitamente causa della maggiore aggressività della malattia e
della comparsa di metastasi. Questa scoperta – sottolineano Bardelli e
Bussolino – rivoluziona le prospettive delle attuali terapie
antiangiogenetiche, utilizzate ampiamente nel trattamento di molti
tumori solidi, dimostrando che è possibile intervenire sull’angiogenesi
tumorale non solo inibendola, ma anche cambiando e migliorando le
caratteristiche funzionali del sistema vascolare del tumore. Questa
scoperta – concludono Bardelli e Bussolino – è un’ulteriore tappa nella
lotta contro il cancro, che si sta globalizzando e allarga il fronte,
avendo compreso la necessità di studiare e colpire le vie di
comunicazione tra la cellula tumorale ed il microambiente che la
circonda. Infatti, il destino di un tumore verso una veloce
progressione, o nel permanere in uno stato di quiescenza, dipende sia
dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia dalle
molecole e dei vasi sanguigni che circondano il tumore». Insomma
intervenendo direttamente sulle cellule malate e bloccandone la
riproduzione si riuscirebbero a stroncare velocemente i tumori. La
speranza, come accade sempre a seguito di nuove scoperte in campo
medico, è che i nuovi farmaci riescano ad essere utilizzati
concretamente quanto prima e non rimanere solamente allo stato di
ricerca.
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